Il modello di Rutherford

Nel 1899 Rutherford iniziò a studiare la natura delle radiazioni emesse dalle sostanze radioattive e la loro relazione con la struttura atomica, e stabilì che i raggi beta erano costituiti da elettroni e avevano quindi carica = -e (-1.6-19 C), mentre i raggi alfa (allo studio dei quali si interessò in modo particolare) erano atomi di elio che portano una carica +2e. Mediante i suoi studi che prendono il nome di esperienza di Rutherford egli arrivò a proporre un proprio modello atomico, il cosiddetto "modello planetario". In questo modello, la carica positiva non è distribuita uniformemente in tutto l’atomo (come nel precedente modello di Thomson), ma è tutta concentrata in una piccolissima regione al centro di questo, chiamata nucleo, mentre la carica negativa è costituita da elettroni che, a grandi distanze, gli ruotano attorno vincendo l’attrazione coulombiana cui sono sottoposti.Modello di Rutherford.GIF (5103 byte)
Attraverso calcoli basati su informazioni sperimentali, Rutherford stabilì che il raggio del nucleo doveva avere un ordine di grandezza di
10-12 cm, mentre quello dell’atomo si poteva considerare di 10-8 cm. Ciò significava che il raggio del nucleo è circa 10.000 volte più piccolo del raggio dell’atomo; ad esempio se il nucleo fosse grande quanto una moneta, l’atomo avrebbe le dimensioni di un circo.
Le ragioni che portarono a queste conclusioni sono le seguenti: se una particella a passa attraverso la materia esternamente alla corteccia degli elettroni, non sente alcun campo elettrico e quindi non viene deviata; se invece entra all’interno della nuvola atomica, incontra un campo tanto più intenso quanto più è vicina al nucleo e quindi tanto più viene deviata. Nel caso di urto frontale con un nucleo, il "proiettile" può addirittura invertire il suo moto tornando indietro.
Questo modello non spiegava però ancora molti dei risultati sperimentali osservati e neanche di che cosa fosse fatto il nucleo, risultava poi evidente che la materia è vuota poiché tra il nucleo e la fine della corteccia atomica sono presenti solo poche (al massimo un centinaio) particelle (gli elettroni) praticamente puntiformi.
La soluzione del problema ora sembrava più vicina, anche se molti fisici erano scettici su questo nuovo modello che lasciava ancora inspiegati alcuni fenomeni. Ad illuminare il cammino verso la comprensione della reale struttura dell’atomo e soprattutto della configurazione elettronica fu il giovane fisico danese Niels Bohr con il suo rivoluzionario modello atomico.