Il putsch di Monaco e il “mein kampf”
Hitler incentrò la sua azione politica nell'attacco alla Repubblica di Weimar,
accusata di tradimento e di cedimento agli stranieri, raccogliendo l'adesione
di personaggi quali Rudolf Hess, Hermann Göring e Alfred Rosenberg. Nel
novembre del 1923, in un momento di confusione e debolezza del governo
del paese, fece la sua prima apparizione sulla scena politica tedesca
guidando un tentativo di colpo di stato in Baviera, il Putsch di Monaco.
L'esercito però non fu compatto nel sostenere l'operazione e il putsch fallì.
Riconosciuto responsabile del complotto, Hitler venne condannato a cinque
anni di reclusione, ridotti a otto mesi per un'amnistia generale. Durante la
detenzione, dettò la sua autobiografia, Mein Kampf (La mia battaglia), nella
quale espose i principi dell'ideologia nazista e della superiorità della razza
ariana. Tornato in libertà (1924), ricostruì nel 1925 il partito senza che il
governo, che pure aveva cercato di rovesciare, facesse nulla per impedirlo.