LA REPUBBLICA FIORENTINA DI GIROLAMO SAVONAROLA

Girolamo Savonarola (SB) nacque a Firenze nel 1452, probabilmente di famiglia modesta, la sua istruzione si formò con studi di filosofia, musica, medicina e disegno anche se ben presto, più precisamente all’età di 20 anni, periodo in cui compose la sua prima opera il "De ruina mundi", disgustato dalla corruzione e decadenza dei costumi, lasciò Ferrara e si fece domenicano (D) a Bologna nel 1474. Durante tale periodo di riflessione, scrisse il "De ruina ecclesiae", opera in cui espresse apertamente quella esigenza di rigenerazione del clero, non più dedito alla sua primaria funzione di mediatore tra Dio e l’umanità peccatrice (tema per altro ricorrente nelle sue prediche al popolo).

Per qualche tempo dovette tornare a Ferrara per continuare gli studi teologici ma, poi, fu richiamato nel 1482 da Lorenzo il Magnifico (SB) che lo avrebbe voluto come lettore nel convento di S. Marco, in quanto abile oratore e persona colta, doti apprezzate dal signore fiorentino. Ma a dispetto delle attese, la prime prediche del Savonarola ebbero scarso successo, così che , lo stesso, vista la situazione non rosea, fu costretto a recarsi altrove: tra il 1485 e il 1489 si trovò a Bologna, Ferrara, Brescia e Genova dove nei quaresimali (D) non fece che riproporre la necessità di una generale penitenza, unica condizione per poter ottenere la salvezza. La sua iniziativa fu tale che, Lorenzo, più tardi lo richiamò a Firenze sotto diretto invito di Pico della Mirandola (SB) e qui, non più come prima, il Savonarola iniziò un ciclo di prediche sull’Apocalisse riuscendo a conquistare i fiorentini i quali, proprio a partire dal 1491, vollero che predicasse in Santa Maria Novella, ed in seguito riuscì a diventare anche priore di S. Marco, convento con cui era iniziata la sua "avventura fiorentina"; grazie alla sua attività predicativa contro la corruzione dei costumi, più tardi, orientò lo stesso popolo che lo aveva sostenuto verso un modello di vita più austero, punto primario della sua attività oratoria.

Il prestigio del Savonarola aumentò anche grazie alla venuta di Carlo VIII (SB) e alla cacciata di Piero de Medici, periodo corrispondente alla fondazione della repubblica, poichè parvero l’attuazione di alcune sue prediche quasi profetiche, così che, visto sotto una luce diversa, riuscì a diventare arbitro della vita fiorentina appoggiando Pierantonio Soderini, eminente personaggio politico in una riforma della costituzione della Repubblica per cui la città fu sottoposta ad un regime "Demo-teocratico"(1494). Con essa non mutò solo l’assetto politico della città ma anche la vita stessa: il Savonarola prmpose infatti l’abolizione del lusso e dell’usura tramite i cosidetti roghi della vanità e la creazione di un Monte di Pietà; non solo ma anche coloro che conducevano una vita disordinata furono sottoposti a giudizio e venne inoltre istituita una imposta fondiaria. Infine savonarola ottenne un allargamento del corpo politico con l’istituzione del Consiglio Maggiore al quale vennero attribuiti poteri molto ampi (oltre che sul piano legislativo e giudiziario anche su quello politico: cioè di eleggere i 9 componenti la Signoria e le altre magistrature).

Superate le prima difficoltà, anche se preso dall’attività politica, il Savonarola non si distolse dal predicare, varcando però i limiti di ciò che era "lecito" ad un religioso e si scontrò così con Papa Alessandro VI, a cui rimproverava i corrotti costumi. Egli, inizialmente, gli proibì di continuare nella sua attività predicativa (tutto ciò accadde nel 1495): ma la sfida lanciata dal domenicano non fu così facilmente vinta perché il Savonarola osò disubbidire all’ordine papale, la quale colpa gli costò, due anni dopo circa, la scomunica e l’appellativo di "eretico". La situazione non peggiorò solo dal punto di vista "religioso" ma anche politico, in quanto, anche se appoggiato dai "Piagnoni\", i suoi nemici, tra cui ricordiamo i Bigi (fautori dei Medici), gli Arrabbiati (la parte più intransigente dell’antica oligarchia) e i Compagnacci (gli insofferenti del suo rigorismo morale) seppero seminare il malcontento tra i Fiorentini che erano stati minacciati dal Papa di interdetto. Poiché non si era sottoposto alla sfida della prova del fuoco, accettata in suo nome da un suo seguace, Fra’ Domenico Buonvicini da Pescia, il popolo si ribellò e nel 1498 diede l’assalto a S. Marco durante il quale il Savonarola venne catturato ed in seguito torturato e sottoposto a ben tre processi, a cui erano presenti alcuni inviati papali, insieme con Fra’ Domenico e un altro confratello, Silvestro Maruffi. Al termine di tutto ciò il Domenicano fu condannato per eresia (D) ed impostura ad essere impiccato ad una croce e bruciato: tale sentenza fu eseguita nel maggio dell’anno stesso nella Piazza della Signoria e le sue ceneri vennero sparse in Arno. Un politico-scrittore a lui contemporaneo ed oppositore, Niccolò Macchiavelli (SB), lo definì un profeta "disarmato" cioè mancante di forze proprie nel gestire la situazione che era riuscito a creare in Firenze: la figura di tale personaggio fu subito oggetto di discussione poiché c’era chi vide in lui l’eretico, chi il santo, chi il precursore dlla Riforma (ST). Si deve ricordare che egli fu, anzitutto, un ardente e coraggioso sostenitore della necessità di una riforma dei costumi, a cominciare dal clero, anche se non discusse mai i dogmi (D) della Chiesa, di un cambiamento degli atteggiamenti umanistici (D) di questo, in nome di una semplice, autentica religiosità e, dal punto di vista politico, si può affermare che ebbe enorme fiducia nel popolo poiché gli appariva la parte più sana della società.

Relatore:
Luca lazzarelli