IL CLASSICISMO

Il termine "classico", e "classicismo", derivano dal latino "classicus", che indicava chi apparteneva alla prima classe di cittadini, i quali a Roma venivano divisi per censo; l’accezione originaria implica pertanto una distinzione per una superiorità sociale, morale e intellettuale. Il termine "classico" fu usato per la prima volta da un erudito latino del secondo secolo d.C., Aulo Gellio, con il significato di autore eccellente, "esemplare". "Classicus" equivaleva quindi a "di prima classe", "di prima qualità"; in senso traslato indicava quegli scrittori dell’età aurea augustea degni, per la loro importanza e per i risultati di alta elaborazione formale da essi raggiunti, di essere presi a modello. Ma le nozioni di classico e classicismo hanno una più ampia estensione. Con il primo termine si fa di solito riferimento all’intera cultura antica, greca e latina; con il secondo si intende il culto di questa cultura nei suoi più vari aspetti.

Più specificatamente classicismo è ogni atteggiamento di fedeltà ai grandi classici antichi, cioè un fenomeno culturale, o momento storico, che trae origine dai modelli "classici", ossia per le sue caratterizzazioni emergenti, "esemplari".

In linea di massima, il richiamo ai classici antichi, sviluppatosi soprattutto nel periodo umanistico-rinascimentale, si è arricchito di una ideologia della misura, dell’equilibrio, nella ricerca di chiarezza, nitidezza, razionalità espressiva. Ma le diversità delle situazioni presentatesi nel tempo sconsiglia generalizzazioni sommarie: quindi "classico", più che come indicazione di certe modalità formali riferite alla letteratura greco-latina (quanto è dotato di armonico e razionale equilibrio), va preso come indicazione di una continuità di culture e di gusto.

In generale, quindi, con il termine classicismo ci riferiamo principalmente all’imitazione di modelli antichi (il principio dell’imitatio (D)). Questi vengono riproposti nel periodo umanista e in un certo senso l’imitatio si può rapportare al principio degli "auctores", tipicamente medievale. Questo termine comprendeva anche il concetto di insegnamento morale, di guida, mentre successivamente prevale l’aspetto più propriamente letterario, non disgiunto comunque dall’ammirazione per la natura e le concezioni degli antichi.

Anche nel periodo di cui stiamo parlando dal culto e dall’amore per i testi classici deriva un diretto insegnamento per le cose umane e quindi la centralità e la preminenza dell’uomo nell’universo. L’Umanesimo (D), e quindi il classicismo, come si è detto, sono legati alla poetica dell’imitazione; per cui non solo è lecito, ma anche necessario, imitare i classici se questi hanno raggiunto la perfezione. Il concetto di imitazio viene inteso dagli autori del 400 in due diversi modi; alcuni puntano ad imitare più scrittori, basandosi sul principio della varietas altri si specializzano su di un unico autore, preso come modello di scrittura "perfetta".

Gli Umanisti vedono la poesia come la più nobile delle discipline, che sintetizza il valore integrale dell’uomo stesso. In alcuni poeti umanisti, come il Poliziano, ritroviamo anche il gusto della grazia, cioè la normale inclinazione verso tutto quello che è equilibrato, misurato e bello, senza essere aggressivo.

Durante il Rinascimento (D) il classicismo è sempre alla base dell’arte in generale e della letteratura in particolare, in quanto obbedienza a precise norme letterarie, ma il contenuto del termine "classicismo" si estende a comprendere ormai scrittori non soltanto latini o greci.

Infatti il Bembo (SB), affermando la superiorità del fiorentino, esalta i grandi scrittori del Trecento, Petrarca (SB) per la poesia e Boccaccio per la prosa: la loro lingua deve servire come modello assoluto per cui nel Bembo si afferma l’ideale di un classicismo moderno.

Le due componenti fondamentali del classicismo rinascimentale sono l’universalismo e la codificazione, cioè il porre leggi all’arte. Quest’ultima ha leggi proprie e rigide e quindi il concetto dell’originalità per cui il poeta si deve esprimere liberamente non è pensabile; lo scrittore deve adeguare ciò che ha da dire a quelle leggi.

Gli schemi e i modelli classici saranno poi stravolti dal Manierismo e dal Barocco (D); il primo tende a scomporre e a separare i particolari, mentre il secondo tende a moltiplicarli e a riunirli in un vortice quasi senza confini. Il Manierismo esaspera i canoni del classicismo, facendoli propri con la volontà di sottolineare il loro carattere artificiale e con l’intenzione di cercare una originalità che porterà molti autori all’eccesso. Poeti come Ruzante (SB) sono definiti anticlassicisti, poiché rifiutano i modelli del classicismo, ricollegandosi a tradizioni folcloristiche.

Il Barocco, a sua volta, cercherà di far "esplodere" queste forme e, come si dice, farà poesia con i detriti della classicità, ottenendo bensì un’arte povera di contenuti e tutta fondata sulla forma, ma aprendo la strada ad una concezione dell’arte più libera ed estrosa, frutto dell’ingegno del poeta, in potenza, se non in atto, moderna.

Relatori:
Marco Cascianini, Luca Lazzarelli