UMANESIMO E LETTURA DEI TESTI SACRI

Il XV° secolo ha visto lo svilupparsi di una nuova corrente culturale: l’Umanesimo. Caratteristiche principali di questo movimento sono: la riscoperta, da parte degli intellettuali, dei testi classici latini e greci e il conseguente superamento degli ideali medievali quali erano ad esempio quelli di un impero universale o di una religiosità’ troppo legata a riti e norme che poco rispecchiavano l’essenza vera del cristianesimo. Tale corrente investì molti campi del sapere. In particolare la letteratura umanista si basa sul concetto di imitazione(D) e si sviluppa quasi interamente partendo dalle tematiche e dal linguaggio dei grandi scrittori antichi. L’amore per la cultura portò gli intellettuali dell’epoca a formare le prime biblioteche laiche che fiorirono, soprattutto a Firenze, sul modello di quella costituita nel XIV° secolo dal Petrarca (SB) e che conferirono ai libri una presenza ben più consistente nella vita cittadina.

Il costituirsi di tali biblioteche è la conseguenza di un profondo lavoro di ricerca e analisi di testi antichi perduti o dimenticati iniziato nei secoli precedenti. Questo lavoro, basato sull’attività filologica, era volto a riportare ad una forma più possibile vicino all’originale testi antichi in modo da poter comprendere a pieno il messaggio di vita che essi originariamente erano destinati ad impartire. Il termine filologia, di origine greca, composto da philos, (amico) e da logos, (parola, discorso) indicava in principio l’amore per la parola e in genere per le lettere. Durante i secoli il suo significato, pur rimanendo fondamentalmente lo stesso, assunse varie accezioni. In epoca umanistico-rinascimentale la filologia si è configurata come amore peculiare per i testi classici e come impegno per recuperarli dalle contaminazioni subite nel medioevo. Il lavoro di recupero, che non era agevole, si basava sull’emendatio, cioè sulla correzione degli errori evidenti, spesso effettuata attraverso il confronto tra manoscritti diversi. Il più grande filologo del XV° secolo è Lorenzo Valla (SB) ( 1405-1457 ). Con costui lo "studio della parola" raggiunge la sua più alta coscienza teorica divenendo una vera e propria scienza basata su storia, retorica, diritto (D), morale e religione. Nel 1435 l’avversione per la chiesa e le sue istituzioni e la sua esperienza di filologo- umanista convergono per dar vita ad una delle opere più conosciute del Valla, l’opuscolo" De falso credita et ementita constantini donatione" (la falsità della donazione di Costantino), l’opera che con estremo rigore filologico e senso storico dimostrò la falsità dell’editto su cui si basava il potere temporale della Chiesa. Secondo la tradizione infatti tale potere traeva origine e legittimità da un documento in cui l’imperatore Costantino avrebbe ceduto al papa Silvestro I il possesso, giuridico ed amministrativo, del futuro Stato Pontificio. Sempre alla luce di una visione libera del cristianesimo compose nel 1449 le "Adnotatione in novum Testamentum". A tale impresa egli si accinse confrontando tre manoscritti greci e tre latini del Nuovo Testamento.javascript:newWindow2('schede-tem.htm#UMANESIMO D'OLTRALPE')

Con i componimenti del Valla si ha l’inizio di quella corrente filologica basata sull’analisi critica e la ricostruzione dei testi biblici che sarà strumento essenziale della Riforma protestante (ST) e che rappresenterà il centro della speculazione "filosofica" degli umanisti d’oltralpe (ST). In questo quadro di grande sviluppo culturale, il problema religioso, come si è detto, non era rimasto estraneo agli umanisti, i quali anzi ne avevano affrontati vari aspetti. Con l’atteggiamento critico nei riguardi della religione "scolastica (ST)" infatti, gli intellettuali europei e in special modo quelli italiani cercarono anche se indirettamente, di intraprendere un movimento di riforma interno alla Chiesa. E’ perciò sbagliato pensare alla civiltà umanistica come un’età percorsa da atteggiamenti paganeggianti e antireligiosi. Nel secolo XV° si ha una rivalutazione dell’uomo basata sull’impronta data dai classici e che tiene conto della totalità sia dell’individuo che della società e che quindi non tralascia il problema religioso. Due, in particolare, erano le linee su cui verteva il dibattito: da un lato la polemica contro la corruzione del clero, dall’altro la formulazione di una nuova religiosità fondata sull’esperienza interiore. Su queste posizioni troviamo a fine 400 molti umanisti italiani quali: Coluccio Salutati, Leonardo Bruni, Lorenzo Valla e Poggio Bracciolini. Soprattutto nell’opera di quest’ultimo molto spesso predomina una polemica antiecclesiastica, facilmente evidenziabile in opuscoli quali il "De avaritia" e il "Contra hypocritas". Allo stesso tempo è importante ricordare che in linea con l’operato di tali umanisti si svilupparono, in tutto il 400, delle correnti di rinnovamento spirituale come, ad esempio, la devotio moderna (D).La sua importanza è data dal fatto che alcuni principi propri del movimento, come la diretta lettura dei testi sacri e l’indifferenza verso il formalismo del culto anticipano alcune di quelle che saranno le basi della Riforma Protestante. Il tentativo di riforma potato avanti dagli umanisti, che prelude alla riforma protestante, è indicato con il termine di renovatio (D), nome che esprime la volontà di ritornare ad un cristianesimo puro e autentico, non più appesantito dai dogmi e dalle credenze medievali.

Nonostante tale volontà fosse ben radicata, nelle masse e negli intellettuali, fin dai tempi di Petrarca, i primi insuccessi convinsero gli umanisti italiani a contentarsi il più delle volte di un aristocratico distacco dalla religiosità comune. Questo fatto non a caso fece infuriare uno dei primi uomini che sentirono veramente il bisogno di una riforma radicale che cambiasse la Chiesa dall’interno: Girolamo Savonarola (SB) (1452-1498). Il suo capolavoro sono le Prediche in cui attaccava gli umanisti e il clero, rei a suo dire di condurre una vita troppo distaccata da quella che era la realtà e di aver perso di vista i problemi della vita quotidiana. Difatti nel 1493, in una delle sue più famose prediche disse: " nelle case de’ gran signori et de gran prelati non si attende se non a poesia e arte oratoria. Va pure et vedi: tu gli troverai co’ libri d’humanitate in mano. Et dannosi ad intendere con Virgilio et Oratio et Cicerone saper reggere l’anime." Il tentativo di riforma interna alla chiesa verrà ripreso nei primi decenni del 500 dagli umanisti d’oltralpe e in special modo da Erasmo da Rotterdam (SB) e dallo Zwingli (SB).

Relatori:
Daniele Colcelli, Alessandro Grelli