La crisi del '29

Il boom degli anni venti (anni ruggenti)

Nel primo dopoguerra l'economia degli Stati Uniti ebbe un forte incremento, dovuto anche alla grande richiesta d'investimento che veniva dall'Europa per la ripresa delle varie potenze che avevano partecipato al primo conflitto mondiale. Infatti, in America dal 1922 al 1929, la produzione industriale aumentò del 64%, la produttività del lavoro del 43%, i profitti del 76% e i salari del 30%. La forte differenza tra l'aumento dei profitti e della produzione con quello dei salari creò un evidente squilibrio nella distribuzione dei redditi, il quale i sindacati americani non riuscirono ad equilibrare, poiché indeboliti. 
A questi squilibri, si aggiunse un fattore psicologico trainante: la convinzione che fosse possibile un arricchimento facile, ovviamente non legato al lavoro o alla produzione, ma che provenisse da audaci attività speculative. Ma questa corsa all'acquisto, nel momento in cui era duratura, avvalorava se stessa, causa di quotazioni sempre crescenti. L'esistenza di queste alte quotazioni, attirava anche parte della popolazione a reddito modesto, disposta a pagare alle banche interessi altissimi pur di tentare facili guadagni. Per queste ragioni, il sistema si stava costruendo su se stesso e accentuava le tendenze di mercato, sia che tendessero all'acquisto sia che precipitassero verso la vendita. Ma al crescere dei titoli di borsa corrispondeva il calo della produzione e nell'ottobre del 1929, tra i più avveduti si resero conto di questo fatto portando al crollo della borsa di Wall Street.

Cause della crisi

Il crollo della borsa, non rappresenta la causa scatenante della crisi economica, ne rappresenta, semmai, il primo segnale. Le sue cause sono da ricercare nelle relazioni economiche e finanziare internazionali nel primo dopoguerra. La prima guerra mondiale, oltre a causare gravi perdite umane e artistiche, frantuma anche l'equilibrio monetario all'interno dell'Europa. Infatti, fino all'immediato scoppio della guerra, le monete dei vari Stati occidentali avevano raggiunto un valore di parità legale, ma durante il conflitto molti Stati avevano ecceduto nell'emissione di carta moneta, che si era svalutata, eccetto gli Stati Uniti che mantennero inalterata la convertibilità in oro del dollaro (Gold Standard), con il quale le altre monete dovettero, poi, confrontarsi. Gli Stati Uniti registrarono un boom ininterrotto dell'economia (salvo nel 1924 e nel 1927) fino all'ottobre del 1929 in quanto essa era stimolata da vari fattori:
1. L'espansione dell'industria edilizia e di quelle collegatele;
2. Innovazioni basate sullo sfruttamento di nuovi prodotti (per esempio l'automobile) e delle industrie collegate;
3. Sviluppo dell'industria elettrica;
4. La razionalizzazione dei processi produttivi tramite il taylorismo, mirante ad eliminare i tempi morti (catena di montaggio). 
Vi fu un forte aumento del reddito nazionale, non corrisposto da quello della popolazione e, quindi, della forza lavoro. L'America divenne, così, il paese più prospero del mondo e poté concedere prestiti ai paesi europei del dopoguerra.
La maggior beneficiaria fu la Germania, che poté riprendersi rapidamente dal collasso del marco.
Quindi nell'autunno del 1929 gli Stati Uniti, che tenevano in piedi il sistema economico internazionale, permisero alla crisi che li colpì di spargersi a macchia d'olio.

La crisi

A partire dal giugno del 1929, la domanda interna americana si trova di fronte ad un calo e la crisi di sovrapproduzione cominciò a colpire le industrie fondamentali e le attività agricole.
La crisi dell'economia reale, porta fin dal settembre ad una corsa al ribasso, invece che al rialzo. Infine, dopo settimane di oscillazioni il 24 ottobre 1929 (giovedì nero) tredici milioni di azioni vengono vendute a prezzi bassissimi. Salvo brevi periodi di ripresa, il ribasso continua fino all'8 luglio 1932. 
Gli effetti della crisi all'interno della società capitalistica sono molteplici: 
1. I salari si ridussero e ciò non contribuì all'accrescere la produzione attraverso investimenti, ma portò solamente ad una riduzione dei prezzi;
2. I profitti industriali si contennero;
3. Nei paesi industriali dove i sindacati erano più solidamente organizzati, i salari subirono minori riduzioni, anche perché il numero dei salariati occupati era diminuito.
Ma la crisi, oltre che borsistica, industriale, agricola e commerciale, fu anche una crisi bancaria. Infatti sia l'industria che l'agricoltura erano fortemente indebitate con le banche. Durante gli "anni ruggenti", le banche avevano ecceduto nei prestiti, nella previsione di una restituzione regolare e nella fiducia nei risparmiatori che avrebbero dovuto accrescere i loro depositi. 
Ma con la crisi, un enorme numero di imprese non fu in grado di pagare i debiti alle scadenze e intanto, le banche, erano premute da coloro che avevano depositato soldi, e che ora chiedevano la restituzione delle somme depositate. Di conseguenza, trovatesi di fronte alla pressione dei depositanti e all'impossibilità di far rientrare i prestiti, molte banche furono costrette a chiudere. 
Inoltre, per tutelarsi, gli USA, tesero a ritirare gli investimenti dal mercato internazionale al quale si aggiunse la politica doganale. La "Hawley-Smoot", la dura tariffa doganale che gli Stati Uniti adottarono dal giugno del 1930, ebbe caratteristiche duramente protezionistiche portandoli a scegliere la via dell'isolazionismo o del nazionalismo economico.

Primi rimedi

Di fronte alla crisi, la reazione dell'opinione pubblica statunitense fu varia, ma quella del presidente repubblicano, Herbert Hoover, non fu incisiva. Inizialmente egli si oppose alla misure deflazionistiche, stimolando la spesa per opere pubbliche e facendo pressione sugli industriali perché non riducessero i salari. Infine, nel 1930, creò la "Grain Stabilization Corporation" e la "Cotton Stabilization Corporation" per sostenere i prezzi dei cereali e del cotone che erano in rapida caduta. Ma d'altro canto, si rifiutò di creare un piano di pubblica assistenza per le famiglie, facendo, invece, affidamento sulla carità privata e sull'azione dei governi locali. Le famiglie, quindi, non potendo più pagare i mutui fondiari, vennero espropriate della loro casa e molte si trasferirono altrove in cerca di un lavoro. 
Dal punto di vista delle relazioni internazionali, la Società delle Nazioni, convocò solamente una riunione nel febbraio del 1930 per attuare una sorta di tregua doganale che però non si attuò mai.

La disoccupazione

Come tutte le crisi, anche questa scaricò nella massa i suoi effetti e il più evidente fra tutti fu la disoccupazione che fu aggravata dalle politiche deflazionistiche adottate per evitare ripercussioni inguaribili nel bilancio dello stato come la riduzione degli stipendi, la tassazione diretta anche sui salari e la riduzione della spesa pubblica. Politica intrapresa da Hoover, candidato repubblicano, per salvaguardare il valore della moneta che fu la causa fondamentale della disoccupazione mondiale.

1933: il New Deal

Il crollo della borsa e la crisi economica squalificarono, di fronte all'opinione pubblica americana, gli ambienti capitalistici che durante gli "anni ruggenti" erano stati esaltati per il loro spirito d'iniziativa. Questa sfiducia si abbatté anche sul Partito Repubblicano che era il maggior rappresentante del mondo capitalista; quindi, alle elezioni del 1932 il Partito Repubblicano venne sconfitto da quello Democratico, rappresentato da Franklin Delano Roosevelt, che fu sostenuto soprattutto dai lavoratori.

Il patto che Roosevelt presentò agli americani, il New Deal, non si inspirava ad una precisa dottrina economico-politica, ma all'interno di questo programma ci furono degli importanti punti fermi:
1. La decisione di affrontare la crisi tramite l'intervento dello Stato;
2. L'impegno a dirigere le attività economiche e a mediare i contrasti di classe per dimostrare la compatibilità tra sistema capitalistico e regime democratico.

Tramite il Brain Trust, cioè un gruppo di collaboratori competenti, durante il primo periodo della sua presidenza mise in atto una serie di provvedimenti, inspirati alle idee di Keynes: 
1. Per ridurre la disoccupazione, il governo promosse una vasta serie di lavori pubblici (costruzione di case, strade, ponti, opere pubbliche) e fondò un Corpo Civile per la Conservazione della Natura che impiegò circa 3 milioni di giovani in opere di rimboscamento. Fondò, inoltre, la famosa Tennessee Valley Authority, che in circa venti anni portò a termine i lavori di sistemazione della valle del Tennessee, costruendo dighe e centrali per fornire energia elettrica a costi più bassi di quelli praticati dalle industrie private;
2. Concesse dei sussidi agli agricoltori perché diminuissero la produzione o perché distruggessero una parte del raccolto, per evitare una caduta dei prezzi;
3. Affidò all'Ente Nazionale per la Ripresa Industriale il compito di stimolare il rilancio industriale e di formulare un "codice dei concorrenza leale" per mantenere i prezzi ad un livello adeguato. Dall'altra parte le aziende dovevano dare ai lavoratori un minimo salariale e non dovevano aumentare il numero pattuito d'ore lavorative per settimana; 
4. Per trovare i fondi necessari a questa nuova politica, fondata sull'espansione della spesa statale, si ricorse all'aumento del debito pubblico: si accettò il deficit statale non pretendendo più il pareggio ad ogni costo; si stampò più carta moneta in rapporto alla quantità di riserve auree, creando un'inflazione controllata che svalutò il dollaro ma permise una più facile esportazione. 

Tamponati gli aspetti più pericolosi della crisi, dal 1935 venne creato un programma di riforme per consolidare questo sistema. La legge sulla sicurezza sociale fissò consistenti indennità per la disoccupazione, l'invalidità e la vecchiaia. Una riforma fiscale rese fortemente progressive le imposte sui redditi e rese più difficoltosa l'evasione fiscale. La legge sui rapporti di lavoro riconobbe giuridicamente i sindacati.
Ma se inizialmente il New Deal era stato accettato da tutti come l'unica soluzione alla crisi, le riforme successive incontrarono una forte opposizione nell'ambiente capitalistico che, per salvaguardare i propri interessi, accusava il presidente di autoritarismo e di concessioni al collettivismo. Nonostante ciò Roosevelt venne rieletto nel 1936, ma nel 1937, mentre il governo restringeva la spesa pubblica per non aumentare troppo il deficit dello Stato, l'ostilità dei capitalisti si manifestò in un cosiddetto "sciopero bianco del capitale" che consistette in un decremento degli investimenti: ne seguì una ripresa della disoccupazione per far fronte al quale il governo, ricorse nuovamente all'espansione della spesa pubblica.
Nel 1938, la politica del New Deal, può considerarsi conclusa. Infatti, le minacce del nazismo e dell'imperialismo nipponico, indussero il governo a moltiplicare le spese per gli armamenti, che da sole riuscirono a far superare la crisi, tanto che la disoccupazione sparì velocemente. 
Roosevelt venne rieletto nel 1940 e nel 1944 e tenne la presidenza fin quasi al termine della Seconda Guerra Mondiale: morì, infatti, il 12 aprile del 1945, alla vigilia della vittoria sul nazismo.

L'interpretazione Keyneysiana

Uno studio approfondito della crisi del '29, venne effettuato da uno dei più brillanti economisti del secolo: John Maynard Keynes nel suo libro "La teoria generale dell'occupazione, dell' interesse e della moneta". Secondo la sua tesi, la depressione nasce a causa della riduzione degli investimenti nell'economia che si riflette nella riduzione della produzione dei beni strumentali. Di conseguenza, ne deriva una minore occupazione e un minor consumo da parte di coloro che percepiscono reddito. Di seguito peggiorano le prospettive di guadagno di altri gruppi di imprenditori e, quindi, l'incentivo ad investire. Avviene una diminuzione dei consumi e tramite una serie a catena, la situazione tende a peggiorare. In particolare, gli imprenditori non trovano conveniente utilizzare in investimenti i risparmi monetari di coloro che percepiscono un reddito. Il nodo della crisi risiede, appunto, in questa discordanza tra le decisioni dei percettori di reddito, che non ritengono conveniente consumare, ma anche che non investono direttamente; e quelle degli imprenditori che non ritengono conveniente utilizzare il denaro per aumentare i loro investimenti. A questo punto deve intervenire lo Stato, per cercare di arrestare il processo. Ciò può avvenire tramite una spesa pubblica che, se effettuata tempestivamente, può invertire la tendenza, mantenendo stabili i prezzi. Dopo di che termina l'intervento dello Stato. 
In conclusione, Keynes sostiene che l'intervento dello stato deve essere limitato nel tempo e basato su un programma di spesa pubblica, o finalizzato a contenere la domanda.

Bilancio del New Deal

Com'è facile immaginare, la politica di Roosevelt cambiò alcuni dei fondamentali della civiltà americana.
Il fattore più evidente, è la scomparsa delle tesi del liberismo, introducendo la pratica dello "Stato assistenziale" (Welfare State), non solo in America, ma in molti paesi capitalisti.
La ripresa economica che era tra gli obiettivi del presidente, fu attuata in buona parte, ma non fu raggiunto il pieno impiego della manodopera, cosa che avverrà solo con il riarmo, che non apparteneva, però, alla logica di Roosevelt.
Fu conseguita in misura notevole la ridistribuzione dei redditi e venne allargata e tutelata la libertà dei sindacati, assieme a quella politica, tanto che gli Stati Uniti divennero il rifugio di molti intellettuali durante la persecuzione nazista e fascista (Albert Einstein, Thomas Mann, Enrico Fermi, Sigmund Freund, Bertold Brecht, ecc.).

Pecorai Marika

Fonti:
http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/claufi/1929.htm
• Corso di storia - Il secolo XX • di Adriano prosperi, Paolo Viola - Einaudi scuola
• Dal 1848 ai giorni nostri • di Augusto Camera, Renato Fabietti - Zanichelli