Lo status ebraico nel progetto di Paolo IV

La bolla "Cum Nimis absurdum" (quando il troppo è inopportuno) del 14 luglio 1555 deve la sua fama al fatto che, con l'emanazione di essa, il Papa Paolo IV Carafa (1555-1559) intese operare una modifica al rapporto tra la Sede Apostolica e gli ebrei, dopo un lungo periodo di ambigua tolleranza papale, in bilico tra protezione e persecuzione. In seguito alla sua promulgazione, la condizione giuridica e sociale degli ebrei mutò profondamente. Il carattere oppressivo dell'editto consisteva nella creazione di ghetti delimitati da mura costruite a spese degli ebrei, nell'obbligo di portare un segno distintivo, nell'imposizione di altre norme volte alla separazione della minoranza ebraica dalla maggioranza cristiana e nella vendita di tutte le proprietà immobiliari appartenenti ad ebrei. Altre gravi restrizioni riguardavano i mestieri consentiti e l'interesse che si poteva percepire per il prestito, il divieto di esercitare il commercio di grano e delle altre cose necessarie alla vita, il divieto di curare come medici i Cristiani, divieto assoluto di trattare e parlare con Cristiani se non per necessità di lavoro; il divieto di usare l'ebraico. Così la "Cum Nimis Absurdum" motivava le gravi restrizioni imposte agli ebrei: "Poiché è assurdo e sconveniente al massimo grado che gli ebrei, che per loro colpa sono stati condannati da Dio alla schiavitù eterna, possano, con la scusa di essere protetti dall'amore cristiano e tollerati nella loro coabitazione in mezzo a noi, mostrare tale ingratitudine verso i cristiani ad oltraggiarli per la loro misericordia e da pretendere dominio invece di sottomissione: e poiché abbiamo appreso che, a Roma ed in altre località sottoposte alla sacra romana Chiesa, la loro sfrontatezza è giunta a tanto che essi si azzardano non solo di vivere in mezzo ai cristiani, ma anche nelle vicinanze delle chiese senza alcuna distinzione di abito, e che anzi prendono in affitto delle case nelle vie e nelle piazze principali, acquistano e posseggono immobili, assumono donne di casa, balie ed altra servitù cristiana, e commettono altri e numerosi misfatti a vergogna e disprezzo del nome cristiano, ci siamo veduti costretti a prendere i seguenti provvedimenti [...]".
La Comunità ebraica di Roma, la maggiore d'Italia, offrì invano 40 mila scudi per fare abrogare questa bolla. Dopo la bolla, gli ebrei di Roma potevano lasciare il ghetto solo durante alcune ore del giorno, venendo per il resto del tempo serrati gli accessi al quartiere a mezzo di grosse porte. Uguale provvedimento venne esteso anche a Bologna, dove vi erano ben undici sinagoghe, e la Corporazione ebraica dei cambiavalute. Gli Ebrei bolognesi furono rinchiusi nel ghetto l'8 maggio 1556. Ben presto l'editto venne esteso a tutte le città dello Stato pontificio. Siccome gli ebrei non potevano possedere neanche le case del ghetto nelle quali pure dovevano abitare, affinché non fossero soggetti a continui ricatti, fu emanata una legge, detta, con espressione ibrida, Jus hazakkà, che regolava i rapporti fra i proprietari delle case del ghetto e gli inquilini ebrei. Fuori del quartiere gli uomini dovevano indossare un pezzo di stoffa gialla sul berretto, mentre le donne dovevano portare uno scialle o un velo dello stesso colore. Veniva inoltre imposto, agli ebrei il divieto di avere servitù cristiana. Altre disposizioni speciali, che molto spesso cambiavano con il succedersi di vari papi, limitavano le attività che i membri della comunità potevano ufficialmente svolgere. In alcuni periodi l'unico lavoro permesso fu la vendita degli stracci. Di sabato, gli ebrei erano costretti ad assistere alle cosiddette "prediche coatte" il cui scopo era di convertirli al cristianesimo. 
Nel 1870 questo odioso editto decadde. Nel 1933 e nel 1938 in occasione dei provvedimenti antisemiti prima e delle leggi razziali poi, molte delle restrizioni imposte agli ebrei nella bolla del 1555 furono riproposte e nuovamente applicate dallo stato fascista. 

Fonti:
http://www.itsos.gpa.it/storia/venezia/venezia/l'altro/cpaoloqu.htm
http://www.dds.unibo.it/Dipartimenti/Dds/annale/SIMONI.html