Considerazioni sull’invaso di Montedoglio: pro e contro

La diga è stata costruita per incrementare la produzione agricola, con vantaggi connessi alla possibilità di un uso plurimo dell’acqua (idropotabile e, volendo, anche idroelettrico) a costi che, in teoria, avrebbero dovuto essere convenienti. Due aspetti positivi dovrebbe essere la capacità di regolazione delle piene nei periodi di massime precipitazioni, potendo evitare inondazioni ai terreni circostanti il Tevere e una corretta regimazione delle acque che per ora non risulta programmata ma, una volta decisa, potrebbe permettere di rispettare le esigenze biologiche ed igieniche del fiume nei mesi di siccità estivi.

Secondo gli studi di progettazione dell’opera, un altro effetto benefico si dovrebbe avere per l’abbandono del sistema irriguo attraverso l’emungimento della falda o dei corsi d’acqua, ma pensiamo che, piuttosto, il dirottamento di 75 milioni di metri cubi ogni anno verso un altro bacino idrografico possa creare gravi ripercussioni nella nostra vallata, senza considerare cosa succederà a quella del Sovara che dovrà dirigere le sue acque verso Montedoglio. Inoltre la previsione di rilascio di acqua per la restituzione al Tevere, essendo stata fatta per un valore di 250 l/sec., non pare possa garantire quella qualità di vita biologica che al fiume dovrebbe essere assicurata: durante le nostre uscite sul Tevere, più volte siamo stati testimoni di secche e morie di pesci in diverse zone dell’alveo. Ma certo, la validità del progetto è data anche da un rapporto costi-benefici in termini economici e, a parer nostro, anche questo attualmente di sicuro non è positivo. Ciò anche perchè, allo stato attuale, solo una parte delle opere previste sono effettivamente state costruite e alcune, progettate, non sono più proponibili perchè non convenienti o perchè i bisogni irrigui legati all’agricoltura nel frattempo sono cambiati, e quindi non si faranno mai: ciò che comporta nuove progettazioni o soluzioni alternative comunque costose.

A questo punto però, con l’invaso praticamente finito, evitando polemiche fin troppo facili, non c’è altro da fare che aspettare per vedere quali, quando e se, i positivi risultati promessi ci saranno davvero.

Panoramica nuova Madonnuccia

Rimanendo ai fatti, di sicuro per ora, ci sono forti impatti ambientali: la diga stessa, l’invaso, la ricostruzione di alcune opere sommerse pubbliche e private, all’esterno dell’area dell’invaso, tra tutte, notevole, il nuovo insediamento della Madonnuccia che, con tanto di nuova strada di accesso, fa mostra di sè, e non in senso positivo, su una delle più belle colline della zona. Del resto, proprio davanti alla "Nuova Madonnuccia" che, anche all’interno, ci appare vuota e un po’ squallida, possiamo ammirare, forse ancora per poco, quanto resta dell’Abbazia Succastelli (vedi anche chiese) e, proprio sopra la diga, le misere rovine del Castello di Montedoglio.

Panoramica dell’invaso presa dal castello di Montedoglio Rovine del Castello di Montedoglio

Sarebbe auspicabile per il futuro, un maggior senso di rispetto della civiltà passata e una pianificazione più corretta delle risorse territoriali secondo gli effettivi bisogni della nostra realtà locale.

Ci sono poi i vari ponti e viadotti costruiti intorno al bacino, il primo tratto di Tevere sotto la diga molto trasformato per il deflusso rapido delle acque dell’invaso in caso di emergenza, nonchè i lavori di riadeguamento dell’alveo del Tevere. Infatti, come previsto dalla legge, per motivi di sicurezza dei territori circostanti, il fiume deve essere in grado di smaltire la portata di circa 700 mc. di acqua al secondo nel caso in cui la diga, per rottura o cattivo funzionamento dei suoi organi mobili, debba scaricare nel fiume una portata massima.

C'è da fare i conti anche con l’incognita dell’impatto climatico di una enorme massa d’acqua su una piccola valle, c’è però anche la coscienza che il rispetto per l’ambiente è esigenza sempre più diffusa e che ciò porterà, speriamo, ad affrontare valutando con più saggezza e con minor spreco i molti inconvenienti o problemi.

A questo punto ci pare doveroso fare una breve riflessione sul Ponte Romano di Sigliano

L’incontrollato dragaggio delle ruspe abbassando il livello dell’alveo ha messo allo scoperto anche l’antico greto del fiume e alcune condutture che forse indicavano resti di una fornace, in un luogo dove per secoli le maestranze romane provvedevano a far scorrere le travi dirette a Roma. Allora è triste pensare che fra poco tutto finirà sotto le acque dell’invaso.

Resti del Ponte Romano di Sigliano

 
A ciò si aggiunge un’altra amara riflessione: un sistema di travi antiche, probabilmente usate come mezzo di sbarramento del fiume nel processo di fluitazione,anch’esse ritrovate vicino al vecchio ponte, sono state affidate alla benevolenza delle intemperie, appoggiandole davanti all’ingresso della nuova scuola elementare (nuova sì, ma ormai già soppressa, quindi abbandonata) in località Madonnuccia Nuova.

Vogliamo sperare che la buona sorte, unita alla mitezza del clima provvedano, laddove l’uomo, evidentemente, non riesce a favorire la conservazione di un’opera antica che ci è parsa di grande significato culturale.