SCAPIGLIATURA

La Scapigliatura, nata in Lombardia, in particolare a Milano, è un movimento artistico  e letterario italiano sorto dopo la proclamazione del Regno d’Italia (1861). La sua data di nascita può essere considerata il 1862, anno in cui venne pubblicato il romanzo di Cletto Arrighi La Scapigliatura e il 6 Febbraio, che racconta un fatto storico, la fallita sollevazione mazziniana di Milano del 1853. Nel romanzo il termine “Scapigliatura” designa un gruppo di giovani patrioti anticonformisti e amanti dell’arte “pronti al bene quanto al male”.
In effetti gli scrittori scapigliati assunsero posizioni assai critiche verso la letteratura e la cultura italiana del loro tempo, posizioni che si manifestavano all’esterno con una vita sregolata e ribelle, ispirandosi alla precarietà di vita della boheme parigina, con l’assunzione di alcool e droghe, fino al suicidio (che taluni di loro consideravano la suprema affermazione di libertà).
Il primo nucleo della scapigliatura si formò tra Milano e Torino, intorno a giovani intellettuali quali i milanesi Arrigo Boito ed Emilio Praga, ai piemontesi Giovanni Camerana e Iginio Ugo Tarchetti ed alcune riviste cui essi facevano capo: “Cronaca grigia”, “Figaro”, Rivista minima”. Al primo nucleo si aggiunsero altri autori  come Carlo Dossi e Camillo Boito , Giovanni Faldella e Achille Giovanni Cagna. Il movimento proseguì fino agli anni Ottanta. 
Al di là delle notevoli differenze fra autore e autore, tutto il gruppo si caratterizza, sul piano letterario, per il rifiuto dei modelli romantici e tardo-romantici. Alla tradizione ottocentesca italiana gli scapigliati contrapponevano gli esempi stranieri: Baudelaire, Zola, Flaubert, Hoffmann e Heine. Essi adottarono una singolare varietà di temi, tutti assunti in polemica contro le vecchie convenzioni letterarie. In alcuni scrittori si riscontra un deciso orientamento verso il fantastico e il meraviglioso, in altri sembra delinearsi un intento realista. Un altro aspetto rilevante delle opere scapigliate è la ricerca linguistica e stilistica, in direzione antimanzoniana. Si ha un massiccio recupero di voci e costrutti popolari e dialettali e l’uso frequente di termini arcaici o del parlato, di neologismi, di strutture sintattiche anomale. 

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