L'ascesa di Hitler

Germania negli anni '20

Dopo la sconfitta della Germania Hitler divenne uno dei più accaniti sostenitori della teoria della "pugnalata alla schiena" secondo la quale la sconfitta era dovuta alle forze politiche che governavano il paese e che, quindi, non era affatto riconducibile all'incapacità dell'esercito nel portare a termine la guerra. Anche in questo caso egli accusò direttamente gli esponenti politici di origine ebrea i quali avevano consigliato di porre fine alla guerra e firmando i trattati di pace di Parigi. Nel 1919 Hitler aderì ad un piccolo partito di importanza locale e il cui programma si distingueva per il suo antisemitismo radicale. All'interno del partito si distinse per le sue capacità oratorie che facevano radunare nelle birrerie di Monaco molta gente che sembrava essere "ipnotizzata" dai suoi discorsi. Diventato il leader, grazie alle sue qualità oratorie, il partito cambiò nome e divenne il "Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori", il "NSDAP". La situazione politico-economica della Germania postbellica era la condizione migliore che Hitler poteva augurarsi per la crescita e l'affermazione del suo partito. La giovane repubblica di Weimar nonostante i suoi aspetti democratici non fu in grado di tenere sotto controllo e di incanalare le varie forze politiche per cercare di creare uno stato democratico. Vi furono invece fra il '19 e il '22 376 omicidi politici di cui 354 commessi dalla destra. Nel '23, un anno dopo "la marcia su Roma", Hitler appoggiato dal generale Ludendorff e ispirandosi tra l'altro a Mussolini, tentò il colpo di stato,
Il tentativo fallì e Hitler venne arrestato e condannato a 5 anni di carcere, nella fortezza di Landsberg dove fu liberato dopo soli 9 mesi nei quali ebbe modo di dettare al compagno Hess il "Mein Kampf",  in cui erano indicati i principi cardine del nazismo. Uscito di prigione Hitler si dedicò a far crescere il consenso popolare del proprio partito facendo leva sui trattati di Versailles che non erano altro che una forma di vendetta e di umiliazione per l'intero popolo tedesco da parte delle potenze vincitrici, in modo particolare della Francia. Ma tra il 1924 e il 1929 gli americani si resero conto che non si potevano fare buoni affari con un paese che, per le pesanti riparazioni di guerra, aveva sempre l'acqua alla gola, si decise quindi di aiutare la Germania riducendo il peso del pagamento delle riparazioni. Il paese era ancora diviso e la gente era stanca delle risse politiche e dell'insicurezza, ma in quei cinque anni la Germania conobbe un fortissimo rilancio economico.
Erano i cosiddetti "anni d'oro" della repubblica di Weimar. Insieme ad una sorprendente capacità di ripresa economica, la Germania dimostrò una straordinaria vivacità in campo culturale. Cominciarono a fiorire il cinema, il teatro, la letteratura, la pittura, la musica, i cabaret.
Berlino, che negli anni venti arrivava a 4 milioni di abitanti (oggi ne ha solo 3,5 ), diventava la capitale europea della cultura, della creatività e del divertimento. Erano gli anni del Bauhaus, dei film di Fritz Lang e di Murnau, del teatro di Brecht, della pittura di Klee e Kandinsky. Si diffuse un clima allegro e spensierato, la gente voleva dimenticare la politica e la guerra, voleva guardare al futuro, voleva star bene. La Germania cominciò a respirare, sembrava arrivata finalmente la svolta. Hitler dal canto suo odiava questa mentalità. Aveva passato quasi un anno in prigione a scrivere il "Mein Kampf" in cui gettava la base teorica del suo pensiero e del movimento, che adesso voleva costruire con più metodo ed organizzazione. Ma finché la gente continuava a star bene, si sarebbe presa gioco di lui che non riusciva a sfondare. Come disse Einstein in un'intervista Hitler stava seduto sopra lo stomaco vuoto di un corpo, ma non appena questo stomaco si fosse riempito di cibo Hitler non avrebbe avuto più posto. Anzi, dal già deludente 3%, ottenuto nelle elezioni politiche dopo il suo putsch fallito, scese a un misero 2,6% nel 1928. Ma nonostante ciò Hitler era molto attivo. Riescì a trasformare il suo partito, che nel 1923 aveva ancora l'aspetto di un piccolo, disorganizzato gruppetto di avventurieri nazionalisti, in un sempre piccolo, ma adesso efficientissimo partito nazionale, che disponeva nelle SA, le cosiddette "Sturmabteilungen" cioè "reparti di assalto", una vera e propria macchina da guerra da usare contro gli altri partiti. Ma nonostante la sua vivacissima propaganda, il partito di Hitler rimaneva ancora una piccola, marginale presenza sulla scena politica. Kurt Tucholski, uno dei grandi della letteratura e cultura tedesca di quegli anni esprimeva quello che molti tedeschi pensavano di Hitler: "In fondo, l'uomo politico Hitler non esiste, quel che esiste è solo il gran rumore che riesce a creare intorno a sé."

Dottrine naziste

Al centro della teoria di Hitler stava l'idea della razza. Tutta la storia, dice Hitler nel suo libro "Mein Kampf", è solo espressione dell'eterna lotta tra le razze per la supremazia. La guerra è l'espressione naturale e necessaria di questa lotta in cui il vincitore, cioè la razza più forte, ha il diritto di dominare. L'unico scopo dello stato è mantenere sana e pura la razza e creare le condizioni migliori per la lotta per la supremazia, cioè per la guerra. E la guerra è l'unica cosa che può dare un senso più nobile all'esistenza di un popolo. Di tutte le razze quella cosiddetta "ariana" o "nordica" è, secondo Hitler, la più creativa e valorosa, in fondo l'unica a cui spettasse il diritto di dominare il mondo. Tradotto nella realtà questo significava per Hitler prima l'unificazione del continente europeo sotto il dominio della nazione tedesca, per cercare poi nuovo spazio vitale all'est, cioè in Polonia e in Russia. Ma questo doveva essere, come scrive Hitler, solo il preludio dell'ultima grande sfida, dello scontro finale contro gli Stati Uniti. É un fatto singolare e molto significativo, che l'andamento reale della seconda guerra mondiale rispecchiasse quasi esattamente questa teoria, che Hitler aveva sviluppato 14 anni prima dell'inizio della guerra, un ulteriore esempio della testardaggine con cui Hitler seguiva le proprie idee e cercava di portarle a termine.
Ci sono numerose contraddizioni e imprecisioni nella teoria razziale di Hitler. Già il concetto di base, la "razza ariana", è un'assurdità storica. Inoltre Hitler confondeva spesso "razza" con "popolo" o "nazione", confondeva i concetti "tedesco", "germanico" e "ariano". Ma probabilmente tutto questo non era molto importante per Hitler, dato che ammetteva egli stesso che la propaganda non aveva il compito di essere vera, aveva invece l'unico scopo di essere efficace. Infatti, questa propaganda si rivelò molto efficace. Sicuramente al disoccupato faceva piacere sentire che in fondo non era un piccolo disgraziato ma uno che apparteneva a una razza superiore. Parlando del suo futuro Reich Hitler prometteva: "Essere uno spazzino in un tale Reich sarà onore più alto che essere un re in uno stato estero".

Un altro elemento fondamentale era l'antisemitismo. Per Hitler gli ebrei non erano una comunità religiosa, ma una razza che voleva rovinare tutte le altre. Mescolandosi con gli altri popoli, gli ebrei cercavano di imbastardirli, distruggendo la purezza della razza e eliminandone così la forza, necessaria per la lotta per la supremazia. L'ebreo era da considerare il nemico più pericoloso, la cui cattiveria non conosceva freni. Hitler diceva a tal proposito: "Gli Ebrei sono come i vermi che si annidano nei cadaveri in dissoluzione." L'antisemitismo diventò per Hitler una vera e propria ossessione. Pacifismo, marxismo, la democrazia, il pluralismo, persino il capitalismo internazionale e la "Società delle nazioni", predecessore dell'ONU, tutto questo era il risultato del lavoro distruttivo e sotterraneo degli ebrei. Hitler: "L'Ebreo è colui che avvelena tutto il mondo. Se l'ebreo dovesse vincere, allora sarà la fine di tutta l'umanità, allora questo pianeta sarà presto privo di vita come lo era milioni di anni fa".
Oggi queste parole suonano decisamente ridicole, e anche all'epoca molti le ritenevano tali e vedevano in esse solo uno strumento politico per incanalare la rabbia del popolo su un capro espiatorio. Ma l'odio di Hitler contro gli ebrei non era solo strumento politico, era reale con tutto il suo evidente anacronismo e la sua irrazionalità. Gli orrendi eventi degli anni 1940-1945, quando l'antisemitismo non poteva più servire come strumento politico, lo dimostrano in modo spaventoso.

Crisi del '29

Alla crisi drammatica del '29, si risvegliarono anche al livello politico tutti i fantasmi che avevano già dominato i primi anni infelici della Repubblica. Nel parlamento vi erano 13 partiti che si contendevano il potere e che non capivano che le accanite lotte tra di loro favorivano solamente Hitler. La Repubblica di Weimar aveva contato 20 governi in 14 anni, 5 elezioni politiche negli ultimi 6 anni. Un mare sempre crescente di disoccupati, una violenza politica sulle strade soprattutto tra comunisti e nazisti con morti e feriti quasi ogni fine settimana. Tutto questo fece svanire definitivamente ogni fiducia nella democrazia che entrò in crisi.
Il caos politico e il disastro economico testimoniato dai 6 milioni di disoccupati fecero aumentare il desiderio di un uomo forte che potesse mettere fine a tutto questo. Alla fine nel 1933 Hitler rappresentava per molti l'unica speranza che potesse risollevare il paese dalla crisi in cui versava. Nel 1932, un anno prima di diventare Cancelliere del Reich, Hitler fece centinaia di discorsi in tutte le parti della Germania. Bastava un proclama anche solo 2 giorni prima e Hitler riempiva qualsiasi sala. Affascinava la gente non tanto per quello che diceva ma per come lo diceva. Con il suo stile insolito ma affascinante di parlare riusciva ad ipnotizzare le masse. L'aspetto più convincente della sua oratoria era soprattutto l'energia che riusciva a trasmettere, un'energia e una fermezza di cui molta gente disorientata sentiva un gran bisogno e di cui anche la Germania depressa dalla crisi economica sembrava non potesse fare a meno. I 17 milioni di tedeschi che votarono Hitler nel 1933 non erano 17 milioni di fanatici antisemiti, razzisti e nazionalisti, ma erano in grandissima parte persone stanche ed esauste che volevano un lavoro, la fine dell'insicurezza politica e la garanzia di un modesto benessere, e che non voelvano più sentirsi gli ultimi in Europa. La violenta propaganda antisemita di Hitler per molti non contava, contava invece la promessa di creare occupazione e di mettere fine al caos di cui la democrazia sembrava responsabile. Hitler non lasciava nessun dubbio sul fatto di voler eliminare tutti gli altri partiti insieme alla democrazia. La sua propaganda e l'organizzazione quasi militare del suo partito raccoglievano i primi successi. Più aumentava il consenso elettorale, più i grandi industriali, che prima avevano visto in Hitler solo un fenomeno politico esotico e un po' volgare, si interessarono a lui. Nel gennaio del 1933, il partito nazionalsocialista era ormai il partito più forte, Hitler diventava cancelliere e la storia della Germania cambiava.

I successi economici

Nel momento dell'ascesa al potere, in Germania c'erano 6 milioni di disoccupati. Hitler aveva conquistato il consenso di molti con la promessa di mettere fine alla disoccupazione e alla crisi economica e psicologica del paese, e così fu, dopo soli 4 anni, nel 1937, si era raggiunta la piena occupazione. La cosa ancora più sorprendente era che prezzi e salari erano rimasti stabili, senza un'ombra di inflazione e tutto questo mentre negli altri paesi la crisi continuava. Era successo quello che nessuno aveva creduto, non c'era più la disperazione, adesso si ricomincia a sperare e a godere un modesto benessere. Milioni di operai che prima votavano per i socialdemocratici o per i comunisti scoprirno ora con sorpresa che proprio Hitler, il nemico numero uno, aveva riportato pane e lavoro. Ma il "miracolo economico" di Hitler e questo sviluppo assolutamente innaturale si potevano reggere solo su una cosa: la guerra.
Anche nella politica estera Hitler conobbe un "successo" dopo l'altro. Nel 1935 reintrodusse - contro il trattato di Versailles - il servizio militare obbligatorio. Nello stesso anno, la regione della Saar, ceduta alla Francia dopo la guerra, tornò alla Germania dopo un plebiscito. Nel 1936 le truppe tedesche rientrarono nella Renania - che, secondo i trattati internazionali, doveva rimanere smilitarizzata. Nel 1938 venne annessa l'Austria, che accolse Hitler a braccia aperte. Nello stesso anno venne occupata la Regione dei Sudeti, la zona abitata dai tedeschi nella Cecoslovacchia. Anche qui le truppe tedesche furono accolte con grande entusiasmo da una popolazione che si sentiva finalmente liberata.  Nel 1933 la Germania, per le disposizioni del trattato di Versailles, aveva un esercito di appena 100.000 uomini, senza armi moderne, senza aeronautica militare. Nel 1938 era già diventata la potenza militare più forte dell'Europa. I tedeschi non dovevano più sentirsi umiliati e sfruttati dai paesi vincitori, adesso erano rispettati e temuti in tutta Europa.
Di fronte ai sorprendenti successi di Hitler sia in campo economico che in politica estera, molti di quelli che nel '33 ancora lo combattevano adesso tacevano o addirittura si convertivano. Era difficile sottrarsi al fascino dei continui successi di Hitler. Nelle ultime elezioni libere nel 1933 il partito di Hitler aveva ottenuto il 43% di voti, 5 anni più tardi la stragrande maggioranza dei tedeschi appoggiò Hitler, anche se non sempre con grande entusiasmo. "Avrà molti difetti, ma almeno ci ha riportato il lavoro e l'orgoglio di essere tedeschi", pensavano in molti.
Il "miracolo economico" fu possibile solo perché il libero mercato era praticamente abolito. La dittatura totale che Hitler aveva creato in pochissimo tempo non riguardava solo la società ma anche l'economia. Hitler non aveva la minima intenzione di creare un'economia stabile e ordinata, lo scopo dell'economia era unicamente quello di preparare la guerra che Hitler vedeva come l'obiettivo finale della sua politica. Al di sopra di tutto vi era la sua testarda idea di portare la "razza ariana" al dominio sull'Europa, prima, e poi sull'intero mondo. Questo cosiddetto "miracolo economico" era talmente artificiale per il totale dirigismo statale e talmente gonfiato dalla smisurata produzione militare che poteva finire solo in due modi: in un crollo verticale, o nella guerra. Hitler lo sapeva benissimo, infatti nel 1938 disse : "La nostra situazione economica è tale che potremmo reggerla solo per pochi anni ancora. Pertanto non abbiamo tempo, dobbiamo agire". Nel '37 e '38 nonostante una stragrande maggioranza appoggiasse Hitler, nessuno tranne una piccola minoranza di fanatici nazisti voleva la guerra. E Hitler, almeno in pubblico, parlava di pace per rassicurare l'estero ma anche il proprio popolo. "La Germania vuole la pace e ne ha bisogno" ripeteva continuamente. Ma nel 1938 disse ai suoi collaboratori : "Le circostanze mi hanno costretto per tanti anni a parlare di pace, solo così era possibile raggiungere i successi di quegli anni e solo cosi potevamo ricostruire la forza militare di cui la Germania oggi ha bisogno".

Repressione

Dopo essere arrivato legalmente al governo nel gennaio del '33, Hitler sciolse per prima cosa tutti gli altri partiti, ed eliminò o trasformò in truppe ausiliari qualsiasi organizzazione politica o sociale. Riuscì ad ottenere tutto questo grazie alle minacce, alle intimidazioni e all'aperta violenza. Così già nel '33 dichiarò il 1° maggio festa nazionale, cosa che i sindacati, i socialdemocratici e i comunisti non erano riusciti a raggiungere in decenni di lotte. Ma il giorno dopo, il 2 maggio, sciolse tutti i sindacati e li sostituì con delle organizzazioni a lui fedeli. Col divieto dei partiti, e con lo scioglimento dei sindacati cominciarono anche le persecuzioni e gli arresti, fin dall'inizio Hitler mise in chiaro che l'opposizione non era più ammissibile, dopo pochissimo tempo la stampa parlava solo una voce: quella di Hitler, chi cercava di opporsi finiva nei campi di concentramento, i primi furono allestiti nel '33, o ci si adeguava o si rischiava la vita. Per tutti i 12 anni del "Terzo Reich" ci fu anche una resistenza contro lo stato di Hitler appoggiata dai comunisti, dai socialdemocratici e anche in piccola parte da cattolici, protestanti e conservatori. Molti pagarono il loro eroismo con la vita, tuttavia queste forme di resistenza non si rivelarono mai pericolose per il nazismo, perché oltre ad essere clandestine, erano politicamente isolate, prive dell'appoggio della popolazione.
Anche la lotta contro gli ebrei iniziò nel 1933, e quasi subito cominciarono a fuggire decine di migliaia di persone. Quelli che erano costretti a rimanere subivano ogni tipo di umiliazione da parte delle SS e della GESTAPO (la polizia politica). Persero il lavoro e i diritti civili, venivano insultati quotidianamente dalla stampa e devono subire, senza potersi difendere, le leggi razziali che restringevano progressivamente qualsiasi possibilità di una vita normale. In questa lotta, Hitler non riuscì a coinvolgere del tutto la popolazione tedesca, quando le bande di nazisti spaccavano i vetri dei negozi degli ebrei e bruciavano le sinagoghe, la gente non partecipava attivamente, piuttosto era spaventata o imbarazzata, molti si vergognavano, non capivano bene il perché di tutta qullaa violenza e alcuni espressero anche compassione. Tuttavia un'aperta ribellione contro queste barbarie non ci fu mai, neanche da parte delle chiese cattoliche o protestanti.

Nel '39 Hitler pensò che la guerra dovesse cominciare, e al ministro degli esteri della Romania, alleata alla Germania, confessò proprio in quell'anno: "Adesso ho cinquant'anni, preferisco avere la guerra adesso, che non più tardi, quando ne avrò 60 o 65." Questa citazione rivela un tratto tipico del carattere di Hitler: il destino della Germania si doveva compiere nell'arco della sua vita. Hitler non ha mai pensato a quello che sarebbe potuto accadere dopo la sua morte, identificò la propria biografia con il culmine e il compimento della storia tedesca.

Orrori della guerra

Parallelamente alla guerra cominciò il capitolo più buio della storia della Germania.
Nello stesso giorno dell'attacco alla Polonia, Hitler ordinò l'uccisione dei malati di mente, degli handicappati di tutte le età, e di altri "mangiatori inutili" come erano ufficialmente chiamati. Vennnero così represse circa 100.000 persone. Poi toccò agli zingari, le stime di zingari uccisi in tutti i paesi occupati dai tedeschi si aggirano intorno al mezzo milione. Il terzo atto di questa tragedia si compì in Polonia e in Russia. Himmler lo descrisse così: "Le popolazioni non tedesche dell'est non devono avere una formazione che vada oltre la scuola elementare. Devono saper contare, scrivere il proprio nome e devono imparare la ubbidienza. Saper leggere non è strettamente necessario... Queste popolazioni ci dovranno servire come lavoratori saltuari e stagionali per i lavori di costruzione di strade, ponti ecc. e per i lavori nelle cave." Il comandante tedesco per la Polonia ne trae le conseguenze necessarie: "Quello che adesso forma l'élite intellettuale e politica della Polonia è da liquidare, quello che in futuro ricrescerà sarà prima da arrestare e di seguito nuovamente da eliminare."
E infine gli ebrei. La stima degli ebrei uccisi in tutta l'Europa varia tra i 4 e 6 milioni, ma probabilmente la seconda stima è quella che si avvicina di più alla verità. Nella "conferenza del Wannsee" nel gennaio del '42, Hitler annunciò "la soluzione finale della questione ebraica". Fino a quel momento la liquidazione fisica degli ebrei si era limitata alla Polonia e alla Russia, adesso si estendeva a tutta l'Europa, assumendo carattere sistematico e anche i metodi cambiarono. Alle fucilazioni di massa, un procedimento troppo complicato e lento vennero sostituite dalle più efficienti "camere a gas" che garantivano un lavoro più veloce.
Per Hitler la guerra era una condizione normale per un popolo, la pace invece rappresentava l'eccezione, un periodo transitorio. Offrire o chiedere la pace o un armistizio erano concetti inaccettabili per lui che chiede al popolo tedesco l'impegno in una "guerra totale", una guerra che prevedeva solo due possibilità, davanti ai ministri degli esteri della Croazia e Danimarca lo spiegò con agghiacciante franchezza : "Se il popolo tedesco non dovesse essere sufficientemente forte ad affermarsi in questa guerra, allora dovrebbe sparire dalla storia e dovrebbe essere sostituito da un altro popolo più forte. Allora non verserei neanche una lacrima per il destino della Germania."

La fine

Il 18 e 19 marzo del 1945, quando le truppe alleate erano già entrate in Germania e stavano per sferrare l'ultimo attacco decisivo Hitler ordinò: "Tutta la Germania occidentale interessata dall'offensiva americana è da evacuare", all'obiezione che non c'erano i mezzi di trasporto necessari, Hitler disse: "Allora che vadano a piedi!" E il giorno dopo ordinò ancora: "Tutti gli impianti militari di trasporto, di comunicazione, di industria e di rifornimento, così come tutti i beni materiali che al nemico, adesso o in futuro, potrebbero essere utili sono da distruggere". Questa era praticamente una condanna a morte per la Germania. Quando persino i più fedeli protestarono, rispose: "Se la guerra sarà persa, sarà condannato anche il popolo. Non è necessario tener conto della base di cui il popolo ha bisogno per la sopravvivenza. Al contrario, è meglio, distruggere persino questa. Perché il popolo si è rivelato quello più debole, e il futuro appartiene al popolo dell'est che ha dimostrato di essere più forte. Tanto, quello che rimane della Germania dopo questa guerra sono i più deboli, i più forti sono già caduti sul campo di battaglia."

Non si può dire che Hitler non fosse coerente per quanto riguarda la sua teoria razziale.

I tedeschi avevano dimostrato di non essere degni del ruolo assegnato loro da Hitler e quindi dovevano essere puniti. Fortunatamente, questi ultimi ordini di Hitler non furono eseguiti, anche se non mancarono i tentativi di farlo e ancora negli ultimi giorni della guerra vennero uccisi centinaia di "traditori della causa tedesca", che si opponevano all'esecuzione di questi ordini.
Il 30 aprile del 1945 Hitler si suicidò nel suo bunker a Berlino.

Pllumbi Anton

Fonti:
• Il mistero Hitler • di Ron Rosenbaum
Mein Kampf di Adolf Hitler
http://www.romacivica.net/anpiroma/nazismo/nazismobiog1.htm